Agenzia Entrate, incontro alla DP Catania: sale la percentuale di lavoro agile ma intorno al fiore c'è un deserto
Lo scorso 10 novembre si è svolto l’incontro alla DP di Catania avente ad oggetto la percentuale di rientro del lavoro agile.
Una riunione nata storta. Tra supponenza, chiusura dei microfoni, offese classiste, sindacalisti riuniti in presenza (!), rituali modalità da prendere o lasciare. L’ennesima riunione chiesta dopo le falle della contrattazione ( se così si può definire) degli incontri precedenti, in occasione delle quali USB aveva mandato a tutto il tavolo sindacale un articolato con proposte di accordo sul lavoro agile.
Iniziamo da un po’ di principi fondamentali per noi.
- Non ci sono soluzioni semplici a problemi complessi;
- Non ci sono lavoratrici e lavoratori di serie A e di serie B;
- L’agenda sindacale non la può dettare il Direttore di turno;
- Ci troviamo in una fase di disallineamento tra le previsioni governative ( che parlano di attività indifferibili solo per le zone rosse) e la situazione sanitaria in Sicilia ( dove la situzione negli ospedali è al collasso);
- Visto il quadro in continua evoluzione ( i 21 parametri del Mistero salute vengono valutati ogni settimana) è il caso di applicare da subito principi prudenziali e preventivi senza aspettare che il bue scappi dalla stalla.
- Va adottata ogni cautela preventiva sia essa logistica, organizzativa o materiale per scongiurare la nascita di focolai dentro i posti di lavoro o esporre a soglie di rischio non consentito.
A fronte della necessità di un accordo complessivo di disciplina del lavoro agile, a Catania si persiste nel non volere portare avanti un ragionamento sistemico e anche durante l’utimo incontro si concede al tavolo una proposta che parla solo di percentuali di rientro e non considera una serie di questioni e pezzi importanti, da noi sottolineati fino alla nausea. Il tutto in un clima ormai irrespirabile.
Tanto per cominciare, come detto in tutte le salse, alla DP di Catania ci sono diritti già sanciti dal protocollo nazionale che non hanno trovato riconoscimento formale o che vengono apertamente non considerati. Tutto ciò è causato dalla questione verbale- accordo sollevata più volte.
Ci sono poi una serie di questioni (sicurezza domestica, pause, monitoraggio, carichi lavoro, trasparenza nelle dotazioni, tempistica nell’organizzazione dei rientri etc ) che il Protocollo nazionale non considera proprio ma che a nostro parere sono rilevanti e attinenti alla cornice dentro cui ci muoviamo.
Quando il Direttore parla di smart working per i genitori di figli under 14 in caso di quarantena scolastica applica una legge: non concede proprio niente. Che fine hanno fatto, invece, gli smart senza rientri per la cura dei figli a prescindere dalla quarantena su cui non interviene la legge ma solo la contrattazione? A giudicare dai verbali non esistono.
Che fine hanno fatto le richieste per particolari e motivate esigenze familiari e personali previste dal’Accordo nazionale e mai citate ( se non da noi) a Catania?
E che fine ha fatto il principio di rotazione, per esempio quello agli sportelli? La Ministra Dadone quanti Decreti deve fare ancora prima che sia chiaro che il rischio non può essere scaricato sempre sulle stesse persone?
Quali sono le misure organizzative che il Direttore ha adottato per assicurare su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale la percentuale più elevata possibile del lavoro agile?
In cosa consiste esattamente “il vincolo di compatibilità delle potenzialità organizzative e dell’effettività del servizio erogato” che giustifica le attività in presenza” e che si tramuta poi nei fatti in numeri di sportelli aperti sempre con le stesse persone?
Quali sono i criteri oggettivi, trasparenti e di allocazione logistica con i quali i responsabili delle strutture stilano i piani di rientro? Dove sono le garanzie formali sulla non compresenza nelle stanze? Dove sono le risposte sui tamponi?
Che fine fanno i principi sulla sicurezza e la coerenza quando si organizzano riunioni miste ( sia presenza che on line), su cui USB aveva mandato ben due richieste formali chiedendone la trasformazione in modalità solo da remoto, e alcuni sindacalisti partecipano dal vivo mentre un Decreto della Funzione Pubblica dice l’esatto contrario?
Che fine fanno gli accordi nazionali e le parole di Ruffini dello scorso 11 settembre quando un lavoratore fragile è costretto a svolgere adempimenti, peraltro pienamente fungibili, in Ufficio?
Che fine fa il dovere di informativa quando il Direttore dice a un Sindacato che non può chiedere chiarimenti sulle procedure adottate a seguito di positività in Ufficio, non risponde sui sigilli apposti alla sala break dell’Ufficio Controlli e arriva a dire che non è tenuto a dare questo tipo di informazioni?
Dove sono le risposte sulla richiesta di sospensione delle attività esterne, rese tuttora possibili grazie a un Protocollo che andrebbe immediatamente rivisto ( per chi ha avuto il coraggio di firmarlo) alla luce di quanto scritto dalla Commissione Tributaria Regionale?
Che fine fa la dignità del lavoro quando bisogna assistere a frasi sul doversi meritare lo stipendio? Non ci bastano i Cacciari, i Gramellini, gli Ichino? Pure in casa nostra dobbiamo subire quel brodo ideologico che oggi legittima l’attacco al lavoro pubblico? LODATO sia lo stipendio, insomma?
Si può fare finta che tutto questo non esista? Ci si può accontentare di un fiore nel deserto? Per noi no. Ci siamo ribellati al Direttore per tutte le ragioni di metodo che troverete nell’allegata nota a più firme.
USB non si accontenta di una graziosa concessione di percentuale mentre tutto il resto non funziona: avrebbe voluto ottenere molto ma molto di più ma alla DP di Catania o si lascia o si prende. Impossibile raddoppiare. Almeno per ora.
D’altronde le uniche battaglie che si è sicuri di perdere sono quelle che non si combattono.
USB PI Agenzie Fiscali Sicilia