Verso la giornata contro la violenza sulle donne e di genere: a Catania dialogo tematico intorno al libro “le parole rosa e le parole celeste"

Catania -

Dialogo tematico sul linguaggio patriarcale e l’educazione: USB e Non una di Meno Catania organizzano la presentazione de “Le parole rosa, le parole celeste” ovvero la storia delle donne nel mondo degli uomini, in uscita nelle librerie e scritto dalla poetessa, insegnante e scrittrice Antonella La Monica.

La Storia delle donne come narrazione degli uomini che ne hanno determinato la natura, lo stato, la condizione, la condotta, decidendo quali modelli dovessero rappresentare, quale il loro ruolo nell’interno della famiglia e della società, quali le attività lavorative e domestiche date per scontate, quali i silenzi imposti.

Partendo dal punto di vista della scrittrice vogliamo costruire una riflessione sia per riconoscere come nasce e si sviluppa indisturbato il linguaggio patriarcale che per innescare un ripensamento strutturale del sistema educativo e formativo italiano.

Vi aspettiamo giovedì 21 novembre h. 17.30 presso la Sede USB- Via Ventimiglia 256 a Catania.

A seguire Assemblea Non una di Meno Catania in preparazione del corteo del 23 novembre contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere con partenza dalla Villa Bellini alle 18.00

USB F.C Catania e Non Una di Meno Catania

 

“Le parole rosa Le parole celeste ovvero la storia delle donne nel mondo degli uomini “è un libro la cui gestazione è iniziata da osservazioni scaturite, parecchi anni fa, per serendipità, durante una consueta lezione di Grammatica italiana avente come oggetto il Nome, argomento affrontato centinaia di volte nella pluriennale prassi didattica, che mai aveva ingenerato dubbi nella ortodossia della presentazione e spiegazione. Come racconto nella Introduzione, però, nella trattazione della categoria Genere del nome, inaspettatamente mi si insinua una estemporanea ed eretica dubbiosa domanda: - Nella convenzione grammaticale della Lingua italiana chi ha definito il genere maschile e il genere femminile del lessico (“disattivando” il genere neutro di latina memoria)? - Naufrago per qualche minuto. Cosa mai successa! Penso. Esito. Decido. Propongo alla classe giochi linguistici non meditati, ritenuti da essa, effettivamente, elementari e sorprendenti per la estrema facilità di esecuzione: - Pensa ed elenca nomi maschili e femminili riferiti a sentimenti, persone, animali, ambienti, luoghi, giocattoli, oggetti, capi d’abbigliamento, alimenti, ecc. -. Inizia un’amena competizione e un certo gradimento, magari pensando alle procrastinate interrogazioni di verifica in precedenza minacciate. Nell’elencazione mi attira, e la cosa mi sorprende, non il genere grammaticale ( non si registra alcun errore ), ma il “sesso” dei nomi ( nel libro sono riportati , esaminati e commentati ), cioè erano evidenti le caratteristiche “fisiche” femminili e maschili applicate, soprattutto, ai nomi di comuni generi alimentari, bibite e di quant’altro offerto dallo street food assaggiato e apprezzato dalle ragazze e dai ragazzi, come dire parole “pisellino”, “pistolino”, parole “fiorellino”, “patatina”, così nell’infanzia erano – o forse ancora – delicatamente indicati il sesso del bambino e della bambina. La mia attenzione è altresì attratta anche dall’abbigliamento e dal corredo scolastico, bene in vista, delle studentesse e degli studenti: “naturale” il colore rosa e le sue varie tonalità per le prime, “naturale” il colore azzurro più o meno intenso per i secondi. Mi chiedo ancora: - Perché da secoli il rosa è il colore adatto alle femmine e il celeste ai maschi? - Bene, da queste impreviste ed imprevedibili osservazioni è iniziata la ricerca per soddisfare tale curiosità, che ho condensato nel capitolo “Storia del rosa e del celeste “, un mondo sconosciuto ed affascinante! Una matrioska di differenze “di genere” accettate, condivise, tramandate ed ereditate in tutte le sue accezioni nella semplice scelta di un regalo o di un capo d’abbigliamento per un neonato o neonata, per un bambino o bambina, un ragazzo o una ragazza (rigorosamente  almeno fino a qualche anno fa..) e , soprattutto, nella scelta dei giocattoli, veri incubatori della disparità “di genere”: ruoli maschili e femminili prodotti, assemblati, confezionati dalla “audacia” del celeste e dalla “tenerezza” del rosa. Ritornando al genere dei nomi, con l’intento di soffermarsi sul loro DNA, portatore di informazioni linguistico-antropologico-sociali, ho ritenuto fondamentale, propedeutico   affrontare in diversi capitoli “Cos’è  il Linguaggio e cos’è la Lingua”  oggetto di speculazioni filosofiche, teorico-pratiche dall’antichità alla modernità, di teorie  linguistiche e neurologiche  della  contemporaneità  e quindi cosa sono le parole, così sintetizzato: le parole sono il pensiero e il pensiero è la somma dell’idea del mondo che ereditiamo e che si costruisce dentro di noi; il potere delle parole è smisurato, confortante, vanitoso, tirannico e violento; le parole costruiscono, esaltano, demoliscono, condizionano, feriscono, decidono; esprimono desideri ed ambizioni, emettono giudizi, pongono condizioni e concedono possibilità; covano in tormenti e ricamano speranze, esternano le visioni private (bugiarde o sincere, convenienti o leali ) correlate a trame di rapporti interpersonali e a quelli sociali più allargati, a strutture gerarchiche disciplinate dai modelli ideologici, dalle contingenze e dalle leggi del potere politico, morale, laico e religioso che sia quello delle Istituzioni o del capo villaggio o della famiglia: con le parole si impone il “mio” privato al “noi “collettivo”. In questo contesto è stata focalizzata la concezione della Donna, di questo essere presentato quale prodotto dell’azienda Uomo, confezionato secondo i principi del marketing Maschio, veicolato dalla Casa Madre delle Civiltà orientali ed occidentali, dalle succursali culturali mitiche, filosofiche, confessionali, politiche, economiche, giuridiche e immesso nel mercato della Storia. Nei primi capitoli l’argomentazione inizia il suo iter dalla condizione della donna nell’antica Grecia e nell’antica Roma, si sviluppa dalla visione mitico- biblica a quella cristiano-evangelica e patristica medievale. I Padri della Chiesa furono eredi delle tesi filosofiche aristoteliche che declinavano la donna quale soggetto affetto “per natura” da debolezza, da dubbie capacità intellettive e deliberative, bisognosa della guida e dell’assistenza maschile, per cui i santi Padri progettarono ed implementarono modelli di pedagogia misogina  per i ruoli di figlia, moglie, madre  al fine di riscattare la donna da quella Eva indisciplinata, ingrata, colpevole della perdita delle delizie dell’Eden, dell’innocenza e della rovina del buon Adamo. Eva, la disubbidiente, la curiosa, l’imprudente condannata da Dio a generare nel dolore e dagli uomini a stare in disparte, in silenzio tra le mura domestiche, a subire per espiare la colpa del suo crimine. Eva, il prototipo della donna “per natura” affetta da fragilitas e bisognosa dell’uomo, che sia questi padre, fratello e soprattutto marito, suo padrone e signore. Gli uomini devono disciplinare le donne “per natura” infide, bugiarde, loquaci, curiose e affette dalla vagatio; ancora più grave “per natura” libidinose, tentatrici, streghe prede del demonio per cui è necessario reprimere ogni desiderio, ogni anelito, ogni possibile tentativo di una qualche libertà e le armi a disposizione dei detentori della moralità sono il controllo, la coercizione, la repressione. Dal Medioevo all’Età moderna la donna è stata zittita, manipolata, giudicata e condannata; se vuole salvare la sua dignità deve farsi madre e se vuole salvare l’anima deve scegliere la castità o essere sposa di Cristo librandosi in voli erotico-mistici. In questo tempo secolare, però, non sono mancate le grandi donne, ma il racconto maschile le ha relegate in uno spazio ristretto e marginale anche quando hanno dovuto occuparsi di Ipazia, Olympe de Gauges, Mary Wollstonecraft e altre ancora, come riportato nei capitoli. Nel XVIII secolo le donne cominciano a parlare con voce più alta per farsi sentire: sono le istanze rivoluzionarie che fermentano nel loro cuore e nella loro mente.  Una fatica molto dura eppure non si arrendono. Continuano nel secolo successivo. Vogliono uscire dal guscio casalingo, dal letto coniugale, stanno assaggiando quella libertà che per secoli è stata loro negata, quella libertà ora  ha un sapore fresco e nuovo, provano a godere pur con sensi di colpa. Nei secoli XIX e XX la crisalide diventa farfalla che tenta di volare verso l’azzurro della emancipazione, della consapevolezza dei diritti, della libertà agognata. Sono secoli in cui cercano un dialogo con l‘altro sesso che si trova davanti, inaspettatamente, una “sconosciuta”, una donna “nuova” che reclama il diritto d’indipendenza, di studiare, di lavorare fuori dalle mura domestiche, di votare, di esistere come “cittadina”: è troppo! Questa donna, questa “femminista” ora pretende di essere pari all’uomo! Il potere politico e il potere clericale dibattono intorno a questa donna  sfacciata, presuntuosa e pretenziosa. Ormai, però, si è innescato un processo irreversibile: l’esperienza delle due guerre mondiali ha rafforzato le donne, le quali sentono che possono farcela, sentono che nulla potrà essere come prima e adesso parecchi uomini liberali sono dalla loro parte. Si continua nei capitoli successivi a conoscere la condizione della donna e il suo posto nel mondo dell’arte, della cultura, del lavoro, dei diritti civili e giuridici, delle difficoltà e dei problemi da affrontare e risolvere che perdurano ancora nel Terzo millennio. Ho incontrato, conosciuto donne straordinarie di cui non sapevo l’esistenza, ho “parlato” con queste indomite eroine che mi hanno raccontato la loro vita, la sofferenza, la determinazione, le sconfitte e le vittorie. La Storia del rosa e del celeste, la Storia delle donne nel mondo degli uomini sono state raccontate, perché ritenute fondamentali al fine di comprendere quanto le parole traducano il pensiero e il pensiero comunica con linguaggio ricercato o volgare, raffinato o violento, l’arbitrio del giudizio, dei paradigmi e diktat maschili e misogini, degli stereotipi “di genere” e il genere grammaticale somatizza e privilegia il binarismo sessuale e tutte le sue molteplici e discusse connotazioni.  I capitoli riservati a “La donna e la grammatica” richiamano l’attenzione sul linguaggio quale espressione della disparità linguistico-formale e sostanziale, della discriminazione sessuale, del maschile inclusivo che non riconosce la valenza e il valore del femminile e che fatica ad accettare la discussione, ormai accesa, di una forma nuova di comunicazione che rispetti tutte le persone etero e omosessuali. La novità di questo libro non sta nell’evidenziare il sessismo della grammatica italiana, tema affrontato da importanti studiosi,  accademici e linguisti negli ultimi decenni , dibattuto in seminari che hanno stimolato l’attenzione e l’interesse e prodotto interventi anche istituzionali, come si può leggere, la novità consiste in una inedita “scoperta” del “sesso” delle parole: pur essendo esse un prodotto di aria e di fiato, pur essendo eteree ed inafferrabili sono state rese “corporee”, annunciate con il fiocco rosa o celeste dal maschio-onomaturgo che, d’autorità, le ha “chiamate” con i nomi  ereditati dalla tradizione storico-culturale occidentale, nomi testimoni della concezione della donna e dell’uomo. Per rendere più “visibile” quanto appena accennato, posso anticipare che analizzando decine se non centinaia di parole deputate a nomare la realtà concreta,  naturale e artificiale, a classificare la materia  e l’immateriale , a definire il pensiero scientifico - critico – speculativo -mistico – politico – sociale , eseguendo una sorta di “ecografia” non etimologica, ma “fisica” del loro significato connotativo e denotativo, cioè togliendo loro le mutande, si è percepito, colto ed avvalorato il trasferimento in esse delle caratteristiche , diciamo “organiche”, “tattili” maschili e femminili, delle peculiarità pratiche e di scopo, caratteriali, intellettive e psicologiche. Il risultato è stato la seguente classificazione : parole “per ferire” ( le parolacce);  parole “luminose” e “tenebrose”; parole “emotive”; parole “su celeste commissione”; parole “guepière”; parole “devastanti”; parole “muscolose” e “atoniche”; parole “sospiranti” e “singhiozzanti”; parole “naftalina” : un repertorio di nomi il cui genere-sesso grammaticale e il climax  traducono il “peso”, la consistenza, la forza – caratteristiche ritenute intrinseche nel maschile -, la leggerezza, la debolezza, la frivolezza, la dolcezza ritenute femminili.  Le tante curiosità linguistiche riportate sorprendono, stimolano inediti spunti di riflessioni come sperimentato in diverse conversazioni.