Caporalato, protocolli e tavoli non contrastano l’ingordigia dei padroni
Nei giorni scorsi, nei locali della Prefettura di Ragusa, è stato rinnovato il protocollo contro il caporalato. A tre anni dalla prima firma del protocollo vorremmo riportare alla realtà che ci circonda non solo i firmatari ma anche e soprattutto chi nutre ancora aspettative dalle azioni previste dal protocollo.
Come abbiamo denunciato in questi tre anni nei giornali, nelle piazze, nelle assemblee con i lavoratori, il protocollo contro il caporalato non ha portato nessun miglioramento reale per le condizioni di vita e di lavoro delle migliaia di migranti che vivono nella nostra provincia e che lavorano, per la stragrande maggioranza, in ambito agricolo nella fascia trasformata.
Il tavolo insediatosi in prefettura - che vede la partecipazione di alcuni sindacati e organizzazioni datoriali, forze dell’ordine ed enti del terzo settore, istituzioni nelle varie articolazioni - a fronte di milioni spesi in progetti non ha cambiato di una virgola le reali condizioni di donne, bambini e uomini migranti.
Vorremmo essere smentiti, ma basta utilizzare il nostro metodo per rendersi conto della realtà: basta incontrare i lavoratori nelle serre e chiedere loro se hanno mai sentito parlare del tavolo in prefettura che dovrebbe difendere i loro diritti, basta parlare con i minori che lavorano anche essi nelle serre per capire che non esistono diritti del lavoro per loro, basta parlare con qualsiasi lavoratrice della fascia trasformata per rendersi conto che a lei è negato il diritto alla salute.
Vorremmo chiedere ai partecipanti al tavolo se hanno mai visto lo scempio ecologico che si sta perpetrando nella fascia trasformata ad opera di imprenditori senza scrupoli.
Vorremmo chiedere ai sindacati che fanno parte del tavolo se sanno che i lavoratori nella fascia trasformata continuano ad essere sfruttati per 35 euro al giorno, per 9/10 ore di lavoro al giorno se va bene, senza nessun dispositivo di sicurezza, con contratti fasulli, e che questa condizione riguarda migliaia di aziende e decine di migliaia di lavoratori.
Vorremmo chiedere ai componenti del tavolo se sanno che i lavoratori e i migranti in generale continuano a vivere in condizioni abitative disumane, all’interno di magazzini o stalle e che pur di avere una residenza continuano a pagare cittadini italiani.
Vorremmo chiedere perché dopo tre anni di riunioni, conferenze stampa, seminari, ecc… non è cambiato nulla e a cosa sono serviti le decine di progetti, quasi tutti finanziati con soldi pubblici, a favore dell’integrazione dei migranti quando poi la realtà che ci circonda è sempre la stessa.
Per quanto ci riguarda continueremo a fare il nostro mestiere organizzando i lavoratori e le lavoratrici e provando a migliorare, assieme a loro, le condizioni di vita disumane che coinvolgono questi cittadini nella nostra provincia.
Federazione del Sociale USB Ragusa
Coordinamento Lavoro Agricolo USB