Scuola a Palermo: cronaca di un anno di promesse non mantenute

Palermo -

Nonostante le promesse e i proclami di chi si è dichiarato non in linea con le politiche nazionali che in questi anni hanno impoverito e devastato il sistema di istruzione pubblico, ad un anno esatto dall’insediamento della giunta Orlando a Palermo e dell’Assessore al Bene Comune ScuolaProf.ssa Barbara Evola, si può affermare seccamente che la scuola non è al centro dell’agenda politica di questa amministrazione comunale.

Non pare esistere, infatti, nessun tipo di “progetto” di investimento sulla scuola né a medio né a lungo termine e la gestione “straordinaria” delle emergenze ordinarie (anche se fatichiamo a considerare ordinarie le emergenze…) non può assolutamente bastare a ridare dignità alle scuole palermitane, così come non è sufficiente, per risultare davvero credibili dinanzi al mondo della scuola, trincerarsi dietro le enormi responsabilità e mancanze della precedente amministrazione.

Non basta il continuo e costante richiamo al Patto di Stabilità per giustificare in qualche maniera agli occhi della cittadinanza la mancata assunzione degli insegnanti precari e la chiusura delle sezioni di scuola materna per mancanza di personale, soprattutto se un attimo dopo si paventano processi di esternalizzazione dei servizi di insegnamento come possibile via per garantire i servizi (fatichiamo ancora una volta a considerare la scuola un servizio…). Non basta allontanare o spegnere le legittime proteste di genitori e lavoratori arrabbiati e delusi indirizzando lettere al ministro nazionale e attaccando la “fantomatica” Roma, soprattutto quando sul proprio territorio si assume con degradanti contratti parasubordinati (co.co.pro. per circa 180 ore lavorative a 15 euro lordi all’ora) personale altamente titolato e specializzato nell’assistenza agli alunni disabili. Non erano questi i non-interventi che ci si aspettava da questa giunta che aveva posto la parola “Bene Comune” accanto alla dicitura di ogni singolo assessorato.

Chiediamo di riportare la scuola al centro di un serio piano di investimenti che mirino a ristabilirne il valore e l’importanza che merita, andando al di là della gestione emergenziale limitata ad interventi di manutenzione sugli edifici, che rientrano nell’ordinaria e necessaria amministrazione, operabile da qualunque tecnico o burocrate e che non possono considerarsi un “merito” ma la “normalità”.

Ragionare sull’istituzione di una scuola di qualità per tutti, inclusiva, laica e aperta al dialogo col territorio non può significare limitarsi all’adesione formale ad eventi e manifestazioni annuali o a lanciare campagne di sensibilizzazione ambientale ed alimentare.  

È purtroppo fin troppo evidente che quello che manca è un interlocutore che riesca a portare sul tavolo della giunta questioni squisitamente politiche che si mostrino come vere svolte, in netta controtendenza rispetto al totale sfacelo della scuola pubblica italiana. Ci chiediamo dove sia finita, o a cosa si sia ridotta, la concezione della scuola come luogo di formazione di coscienza critica e di consapevolezza, come strumento per leggere e affrontare la realtà, come palestra di cittadinanza, così tanto decantata nelle piazze e nelle manifestazioni, ma immediatamente riposta nei vuoti armadi delle stanze del potere.