Giovani generazioni in lotta: nè buoni, nè cattivi !

Due cortei studenteschi hanno attraversato le vie di Palermo(Coordinamento Studenti Medi e Coordinamento Syntagma), cortei diversi ma allo stesso uguali nell'affermazione di un'identità ribelle che rifiuta il dogma dell'austerity e pratica una conflittualità radicale e irriducibile.

Due cortei che hanno bloccato tutta la città in una connessione rabbiosa di speranza e scopo, che pur definendo pratiche di lotta differenti si ricompattano nell'affermazione di un'alterità radicale alle politiche del governo Monti e della Troika che stanno affamando l'Europa dei popoli e saziando l'Europa delle Banche.

Non ci interessano le solite e noiose disquisizioni sulla violenza, con il tentativo perverso della politica e del sindacalismo istituzionale di "spezzare" quella giornata in buoni e cattivi, in violenti e pacifisti, creando ad arte una diramazione irreversibile che vuole ridurre la lotta a semplice pantomima della realtà.

In entrambi i cortei c'erano i nostri figli, i nostri alunni e i nostri studenti, vogliamo capire quella giornata senza ripudiare nessuno o premiare altri, come nelle peggiori famiglie borghesi non vogliamo mascherarci dietro una divaricazione che nasconde il "figlio diverso" e si pavoneggia del "figlio normale" pacificando le nostre colpe adulte.

Facciamo nostra la frase di Paul Nizan in Aden Arabia: "Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita",  la precarietà e il non-futuro sono pesi troppo grandi sulla generazione attuale per continuare a nascondersi dietro un tristissimo televoto sulle ragioni di studenti e forze dell'ordine, su chi ha attaccato e su chi si è difeso.

Diciamo ai tanti "Gesù nel Tempio" che faremo a meno dei loro buoni consigli, perche poi: "tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione, dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione, come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare una vita troncata, tutta una vita da immaginar"(F.G., Piazza Alimonda).

 

LA RABBIA: Pasolini e la Televisione